L’aumento di cibo porto’ ad una crescita delle popolazioni e delle societa’; l’allevamento precedette l’agricoltura e la affiancò fin dalla sua comparsa. Gli agricoltori allevavano gli animali per procurarsi latte e carne, ed anche lane, pelli e tessuti.
Quindi sappiamo che la questione sociale ed economica legata alla filosofia di cibarsi di animali e utilizzarli a scopi umani è molto antica. In Grecia Pitagora, famoso matematico e filosofo viene tradizionalmente considerato l’iniziatore della dieta vegetariana. Egli sosteneva che la terra offre piante e frutti sufficienti a nutrirsi senza spargimenti di sangue. “Finché gli uomini massacreranno gli animali, si uccideranno tra di loro”. In verità Pitagora scrisse :”colui che semina il seme del dolore e della morte non può raccogliere amore e gioia. Pitagora, nacque a Samos un’isola della Grecia nel 570 a.c. e morì a Metaponto nel 495 a.C.
L’alimentazione vegana seguì il Cristianesimo sostenuta da teologi e frati che teorizzavano sugli eccessi di piacere legati alla carne e ai condimenti. San Francesco vissuto tra il 1182 e il 1226 è ancora oggi considerato il santo patrono degli animali e dell’ambiente; era vegetariano e sebbene non la predicasse, consigliava questa filosofia alimentare. Ricordiamoci di San Francesco da Paola “definito il santo Vegano”: egli fondò nel 1435 l’ Ordine dei Minimi e la sua Regola prevedeva la totale astinenza da carne e derivati come latte, uova e formaggi, salvo in caso di malattia.
San Francesco da Paola morì nel 1507 all’età di 91 anni.
Nel 1800 si verificarono diversi tentativi di stabilire delle vere e proprie comunità di vegetarianismo stretto; nel 1834, Amos Bronson Alcott, padre della scrittrice Louisa May Alcott, fondò la “Temple School” di Boston, in Massachusetts, basata su rigorosi principi di vegetarianismo totale. Nel 1844 fondò “Fruitlands“, una piccola comunità in Harvard, Massachusetts, che si opponeva a qualunque utilizzo degli animali, compreso quello per la forza lavoro nell’agricoltura.
In Inghilterra, nel 1838, James Pierrepont Greaves aprì “Alcott House”, in Ham, Surrey, un’aggregazione che rispettava i principi della dieta vegetariana stretta. I membri della “Alcott House” vennero coinvolti nel 1847 per comporre il “British Vegetarian Society”, che tenne la sua prima riunione dell’anno a Ramsgate. Fu così che anche gli altri vegetariani, interessati ai principi morali della dieta totale, cominciarono ad astenersi totalmente dallo sfruttamento animale.
Un articolo del 1851, pubblicato sulla rivista “Vegetarian Society”, prendeva già in considerazione le varie alternative all’impiego di pelle animale destinata alle calzature. Nel 1886, la società pubblicò “A Plea of Vegetarianism”, scritto dal saggista inglese Henry Salt, che promuoveva il vegetarismo come un imperativo morale; Salt fu uno dei primi a cambiare il paradigma vegetariano da “benessere degli animali” a “diritto degli animali”. La sua opera venne anche influenzata dalla conoscenza di Mahatma Gandhi, tanto che i due uomini divennero amici.
Il libro di cucina vegana fu scritto da Rupert H. Wheldon; si intitolava: “No Animal Food: Two Essays and 100 Recipes”, e venne pubblicato a Londra nel 1910. Lo storico Leah Leneman sostiene che, tra il 1909 e il 1912, all’interno della “Vegetarian Society” ci fu una grossa diatriba riferita all’etica di consumo per quel che riguarda i prodotti lattiero-caseari e le uova. Questo perché, nella produzione di latte, le mucche devono essere ingravidate e tenute costantemente in stato di allattamento; inoltre, i loro vitelli, oltre ad essere allontanati subito dopo la nascita, spesso vengono abbattuti.
Ad ogni modo, la posizione della società rimase in fase di stallo, anche se, nel 1923, il relativo giornale di divulgazione pubblicò: “The ideal position for vegetarians is abstinence from animal products” ovvero tradotto diviene: la posizione etica ideale per i vegetariani è l’astinenza dai prodotti di origine animale.
Nel novembre 1931, per la società londinese, Gandhi tenne una conferenza intitolata: “The Moral Basis of Vegetarianism”, alla quale parteciparono 500 persone tra cui pure Henry Salt. La guida spirituale indiana sosteneva che le persone dovrebbero seguire una dieta priva di carne, non solo nell’interesse della propria salute, ma anche per una questione morale.
Oggi più di quattro milioni e mezzo di persone in Italia hanno abbandonato la carne e il pesce, seguendo una dieta vegetariana come scelta di vita. Questa scelta sta diventando motivata dalla ricerca di vivere in un pianeta migliore che rende orgogliosi chi si schiera dalla parte dell’ambiente e del mondo animale. E’ nata una nuova etica della responsabilità individuale nei confronti del pianeta, che riconosce che il consumo di carne oggi non è più sostenibile, perché, come disse Albert Einstein, diventato vegetariano negli ultimi anni della sua vita, «niente aumenterà le possibilità di sopravvivenza di vita sulla terra quanto l’evoluzione verso un’alimentazione vegetariana».
Fonti: http://www.my-personaltrainer.it ; http://www.repubblica.it/salute